MPS: il disastroso investimento dello Stato Italiano

La banca più antica del mondo è in vendita ma non si vedono grosse file per accaparrarsela. Le voci di corridoio parlavano di un intervento di Unicredit ma i diretti interessati hanno smentito seccamente.

Sembra che l’ipotesi dell’acquisto da parte di Unicredit della quota del MeF di MPS sia più un desiderio governativo che una reale ipotesi della banca di Piazza Gae Aulenti.

Altre fonti ben informate sostengono che Jean Pierre Mustier, Amministratore Delegato del Gruppo Unicredit, vorrebbe far sua la quota ministeriale di MPS, ad un prezzo iper-conveniente, mascherandolo da favore al governo ma in realtà con il preciso intento di rispondere a Intesa Sanpaolo che ha acquisito Ubi Banca.

Le mani legate dello Stato Italiano

Il MeF, che possiede il 68.2 delle quote di MPS, deve vendere entro l’anno prossimo. La Commissione Europea ha sentenziato una riprivatizzazione della Banca e il governo italiano ha già ottenuto una proroga di due anni: in origine tutto sarebbe dovuto avvenire entro il 2019.

Non ci saranno altre proroghe, a meno di miracoli. MPS da pochi mesi ha ceduto i crediti deteriorati, per circa 8 miliardi di euro, e ora il suo rapporto tra NPL e totale crediti è del 4%.

Una banca sulle spalle degli italiani

A comperare i crediti deteriorati di MPS è stata però Amco, società controllata dal Tesoro: un manovra dunque che è servita a rendere più appetibile MPS a scapito dei contribuenti italiani.

Va ricordato che nel 2017 lo Stato Italiano nazionalizzò di fatto MPS per salvarla dalla chiusura, immettendo 5.4 miliardi e prendendosi il 68.2% delle quote. Poi pagò un altro miliardo e mezzo per indennizzi agli obbligazionisti subordinati. Amco, come detto, nel prendere i crediti deteriorati ha dovuto anche stanziare 1.5 miliardi di euro per coprire le perdite emerse.

Il disastroso affare dello Stato con MPS

Se oggi lo stato vendesse le proprie quote di MPS, con il valore di mercato attuale, porterebbe in cassa 1.57 miliardi. Si dovrebbe registrare dunque una perdita di 4.33 miliardi.

Bisogna inoltre contare che i costi legali potenziali della banca senese ammontano a circa 10 miliardi e nel fondo costituito per sopperire a queste evenienze al momento ci sono 500 milioni.

Se Unicredit dovesse prendersi la “patata bollente” che sta scottando le mani dello Stato Italiano, dovrebbe calcolare anche 2 miliardi per l’integrazione e altri 2 miliardi per mantenere il CET1.

In pratica se lo Stato riuscisse a cedere la sua quota di MPS ad Unicredit, il costo per i contribuenti italiani sarebbe di circa 20 miliardi.